La mia idea di teatro.

Badate, io non do conferenze nè faccio la carità, quando do do me stesso.
Walt Whitman

Amo il teatro che viene da dentro, che nasce in un momento di distrazione e spontaneità.
Amo il teatro vero, che non finge, che appartiene alle persone e non ai personaggi, che stia in mezzo a quello che succede ogni giorno.
Un teatro minuzioso.
Mi piace quando scava, quando non rimane in superficie.
Mi piace quando, alla fine del lavoro, tra chi ha fatto e chi ha guardato non ci siano differenze.
Amo il teatro che non ha bisogno di un palcoscenico per fare uno spettacolo, anzi, che non ha bisogno nemmeno di uno spettacolo.
Voglio un teatro potente, diretto, che parli di cose importanti, che parli di me, di te, di noi.
Mi piace che chi lo guarda possa dire “È mio”.
Voglio un teatro che domanda, che cambia il senso di rotazione della giornata, che fa prendere decisioni.
Sogno sempre il mio teatro.
Un teatro con le parole giuste. E se ce ne sono troppe voglio toglierle, strappare le erbacce fino a far rimanere una sola parola. Quella giusta.
Mi piace il teatro.
Per parlare, per stare a ragionare, per farsi belli e mettersi in mostra, nel teatro che amo, non c'è spazio.
Amo il teatro, ma non basta, amo il teatro dove ci sono persone, ma non basta, dove ci sono persone che credono in quello che fanno, ma non basta, dove ci sono persone che credono in quello che fanno e lo fanno insieme. Tanto basta, per il teatro che amo.

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PENSIERI SPARSI SULL'INSEGNAMENTO

- Io non voglio allievi. Voglio ricercatori.

- Intendo la recitazione come un percorso per scoprire ed esprimere la propria creatività.

- Una delle domande che mi mette più in difficoltà è: "che cosa si fa in una tua lezione?"

Non so come rispondere perchè la recitazione è un'insieme di stimoli. Sono gli allievi i primi a lanciarmeli. Potenzialmente quindi, ogni lezione è diversa perchè è da quelli stimoli che parto, da li che scelgo la direzione della lezione. Divento allievo dei miei allievi.

- Per essere onesto, parto con un programma in testa, mi scrivo tutto, scelgo con cura le cose da fare, ma poi quando sono li tutto cambia. Gli esercizi e gli argomenti vengono fuori secondo quello che gli allievi mi danno. Di solito, più stravolgo il programma più le lezioni saranno affascinanti e profonde.

Ci sono lezioni dove tutto scorre via facile e si costrusice tanto perchè c’è molto scambio. Altre invece in cui tutto sembra terribilmente immobile. La domanda giusta quindi sarebbe "chi sono i tuoi allievi?"

- Molti allievi mi chiedono "potrei diventare un attore?". C'è solo un modo. Credere a quello che fai. Io posso insegnarti delle tecniche, dei modi, aiutarti a trovare un metodo, ma alla fine, c'è solo il credere profondamente in quello che si fa.

- Per me e’ importante che gli allievi capiscano che durante le lezioni non si impara ad imitare, ma si impara a creare.

- Creare: le zone buie sono le più interessanti. Per capire come si cade, qualche livido bisogna viverlo. Creare vuol dire fare i conti con queste zone buie e cercarne l'essenza. E' bellissimo l'insegnamento di Joëlle Bouvier: "Quello che serve non è imitazione, ma consapevolezza"

- Ho capito con il tempo che insegnare non vuol dire trovare sempre nuovi esercizi da proporre. Quello si chiama esercizio di stile. No, bisogna trovare l'esercizio che funziona. Scovare quello che dall'esercizio nasce e valorizzarlo, approfondirlo.

- La voglia di perfezione ha rovinato la recitazione

- Recitare affina i sensi e ci porta a scoprire cose che non pensavamo di portare dentro. Invece ci sono. Basta solo trovargli una direzione. Lavoro molto per arrivare a far sviluppare i tre punti fondamentali per l'attore - senso dello spazio, senso dell'altro, senso di se - Aver coscienza del proprio corpo e dello spazio che lo circonda è la regola base del mio modo di intendere la recitazione.