Broccoli.

Ho insegnato a Marcello a trattenere la pipì stringendo forte le gambe.
- Più la tieni - gli ho detto - più il tuo pistolino si abitua, cosi di notte non bagni il letto.
Pare abbia capito. Infatti è una settimana che si alza con le lenzuola asciutte.
Carlotta invece ha iniziato a mangiare i broccoli. Ci sono voluti tre mesi, ma alla fine, un paio di sere fa, se n'è messa tre quattro in bocca e ha mandato giù senza quasi masticare. Ha detto che sanno di piedi.
Il weekend ce lo prendiamo per dormire di più.
Vorremmo tirare fino alle dieci almeno, ma va a finire che sono sempre le otto, al massimo le otto mezza.
Allungo una mano sotto le coperte e arrivo al ginocchio di Alice. Ha sempre avuto ginocchia lisce, neppure l'ombra di una cicatrice. - Ma non ti sei mai rotolata? - le chiedo - Mai scivolata sull'asfalto?
- Ero una signorina io - mi risponde.

Faccio forza con la mano, le sposto la gamba, punto il gomito sul materasso e mi allungo per darle un bacio.
- La mia bella signorina - dico.
Lei tira su una spalla e nasconde il collo, cerco di infilarmi li in mezzo e vedo un esercito di brividi che corre lungo tutto il suo braccio.
- Hai dormito bene? - le chiedo con la bocca piena dei suoi capelli. - Si. Ho sognato cose strane, ma non me le ricordo.
Mi metto ad accarezzarle il ginocchio.
- Ah, cose strane eh?
Salgo su con la mano. Sento la sua coscia calda.
- Dai - dice, mentre mi toglie la mano dalla gamba.
- Dai che?
- Ci sono i ragazzi.
- I ragazzi stanno dormendo - e rimetto la mano sulla coscia
- Carlotta ha il sonno pesante e ormai Marcello non si sveglia più. Ha imparato a trattenerla.
Alice mi guarda. Sento il suo sguardo e mi fermo.
- Che c’è? - dico.
- Veramente l'altro ieri ha bagnato il letto - dice.
- No! - mi tiro su di scatto - no, dai!
- Ma che urli? Ma sei scemo?
- Ma quando l'ha fatto?
- L'altro ieri.
- E perchè non me l'hai detto Alice?
Butto via le coperte, mi infilo le pantofole e vado ad aprire la porta. Sento i pantaloni del pigiama che mi scendono mentre cammino, li tengo su con una mano. Strano. Devo essere dimagrito.
- Marcello! - urlo.
Mia moglie si è tirata su anche lei.
- Oh Andrea, ma che sei matto? Lascialo dormire.
- Marcello! Marcello vieni qui- continuo io.
- Ma che t'è preso?
Marcello non si vede, in compenso compare Carlotta in corridoio. Ha un bicchiere di latte in mano e i cappelli tutti schiacciati sul lato destro. Mi guarda dal suo metro e dieci di altezza.
- Papà perché urli?
È a piedi scalzi.
- Carlotta, tu perché cammini scalza? Mettiti un paio di calzini che ti raffreddi.
Carlotta sbircia dentro la stanza e vede la madre.
- Mamma andiamo al parco dopo?
- Ciao amore mio, buongiorno. Si dopo si, prima svegliamoci bene e facciamo colazione.
- Marcello! - urlo ancora, mentre seguo con lo sguardo Carlotta che rientra in camera sua - tu mettiti i calzini Carlotta!
Di risposta, lei si chiude in camera e sbatte la porta.
- Marcello!
Sento la chiave della porta di Marcello che gira. Si è chiuso dentro un'altra volta. Mi giro verso mia moglie, che nel frattempo si è alzata. Si è messa la vestaglia viola, quella che le arriva fino ai piedi.
- Alice non avevo detto di toglierla la chiave nella stanza di Marcello? Si chiude dentro, è pericoloso, dai.
- Ma che succederà mai? Quella porta la butti giù con una spallata. Marcello emerge dalla stanza con gli occhi cisposi e il pigiama a scacchi. È nato vecchio sto figlio mio. Gli vado incontro e lo tengo fermo, le mani posate sulle spalle.
- Marcello perché ti chiudi dentro?
- Ma che c'è papà? Perché urli?
- Perché papà è matto - dice Alice mentre mi passa dietro e scende le scale per andare giù.
- Mamma mi prepari il Nesquik? - fa Marcello.
- Si amore, va bene. Andrea, lascialo stare.
Non lo mollo, e guardo Alice mentre scende le scale.
- Non lo lascio stare, deve imparare!
Carlotta sbuca di nuovo fuori dalla sua stanza.
- Mamma mi fai il caffè?
- Il caffè cosa? - urla Alice ormai dal piano di sotto - Hai sei anni! Ti faccio l'orzo.
- Non mi piace l'or...
- Ehi - dico - smettila di frignare e prendi l'orzo. Hai sei anni, mica venti.
Torno su Marcello, che guarda la sorella, che lo riguarda.
- Ti sei pisciato sotto un'altra volta? - fa lei.
Marcello si guarda i pantaloni e glieli fa vedere.
- Sono asciutti brutta strega.
- Finitela voi due, Carlotta preparati e vai giù a fare colazione.
Lei entra e sbatte di nuovo la porta.
- E mettiti i calzini! - urlo alla porta chiusa.
Siamo rimasti soli io e Marcello, sul pianerottolo del piano di sopra. - Papà che c'è?
- Amore mio hai fatto pipi a letto un'altra volta?
- Ma no papà, guarda - e mi fa vedere i pantaloni.
- Ma non dico adesso, amore. Mamma m'ha detto che l'altra notte l'hai rifatta.
Marcello guarda in basso e si morde il labbro.
- Si - fa a bassa voce - ma poca però.
Sospiro.
- Dobbiamo fare più esercizi?
- No papà ti prego, non mi va più di farli. Mi fa male tenerla cosi tanto.
- E che dobbiamo fare allora?
- Venite a fare colazioneeeee! - Alice urla da sotto.
Mi sporgo dalla ringhiera del pianerottolo. Se ne sta li con la moka in mano.
- Oh ma che urli? Vuoi invitare pure i vicini a colazione?
- Senti chi parla - mi fa e si rinfila in cucina.
- Adesso arriviamo. Dammi due minuti - dico al vuoto.
Mi rigiro e Marcello non c'è più. Si è rintanato in camera sua. Mi avvicino e giro la maniglia. Niente. Si è chiuso dentro.
- Porca puttana - dico sottovoce.
- Hai detto una parolaccia?
Carlotta mi compare dietro, il bicchiere di latte sempre in mano.
- Carlotta! M'hai fatto prendere un colpo. No, non ho detto una parolaccia - guardo in basso - E mettiti i calzini dai!
Busso alla porta di Marcello.
- Amore apri la porta? Dai, che la colazione è pronta.
Niente.
- Marcello?
Sento Alice che ritorna alla carica, da sotto.
- Allora? Venite si o no? Che succede lissù?
Mi sporgo di nuovo.
- Marcello si è chiuso dentro.
- Andrea mammamia, ma perché ti sei fissato con questa cosa della pipì adesso?
Odio quando Alice dice mammamia. Odio come lo dice e odio anche quando me lo scrive per messaggio, lo scrive staccato “mamma mia”, e io lo odio.
- Mi sono fissato perché ha 9 anni e a 9 anni un ragazzino non può farsi la pipì sotto.
- Si ma lascialo stare, dagli tregua.
E fa per venire su, mettendo il piede sul primo scalino.
- Non venire su - le dico - stai li, non ti preoccupare, me la risolvo io. Tu fai colazione. Carlotta, amore di papà, vai a fare colazione che la mamma ha preparato tutto.
Lei apre la porta, finalmente si è messa i calzini.
- Papà ha detto una parolaccia - dice appena uscita.
Alice mi guarda. Io la riguardo, ma non proprio dritto negli occhi, un pò di lato, in basso.
- Mi è scappata.
Silenzio.
- Marcello! - continuo - Vieni fuori da li! Dai su forza, non è importante. Adesso ci beviamo l’orzo e poi andiamo a giocare fuori in giardino.
- Guarda che fuori piove - mi dice Alice mentre prende in braccio Carlotta.
- E a pisellino non gli piace l’orzo - continua Carlotta.
Faccio due passi e mi metto proprio in cima alle scale.
- Non chiamare tuo fratello pisellino. Io penserei ai broccoli fossi in te. Una bambina di 6 anni che non mangia i broccoli.
- Li ho mangiati i broccoli, tutti quanti! Tutti!
Dalla stanza di Marcello intanto si sentono rumori di cose spostate, roba metallica, poi qualche colpo di tosse. Giro di nuovo la maniglia ma niente. Gioco di psicologia inversa.
- Marcello facciamo cosi, papà va a fare colazione. Quando vuoi vieni, va bene?
E mi allontano. Quando scendo giù trovo Alice di spalle che fruga nel frigo e Carlotta a tavola, la schiena dritta, un Topolino in mano, che legge.
- Vuoi il caffè? - mi chiede Alice.
- Si grazie.
Per un momento stiamo in silenzio cosi: Alice che armeggia con la moka, Carlotta fissa sul suo giornaletto, Marcello di sopra a fare chissà che e io seduto al tavolo della cucina, con il rumore della pioggia fuori. Nella fretta, mi sono anche dimenticato di andare in bagno. Mi rinfilo le pantofole.
- Dove vai? - mi chiede Alice.
- Al bagno e torno.
Percorro il corridoio e mi infilo in bagno. Mi fermo davanti allo specchio, mi do uno sguardo, una sistemata ai capelli. Faccio una smorfia. Poi mi giro, alzo la tavoletta e appoggio una mano al muro freddo. E allora lo vedo. Infilato tra la cassetta della sciacquone e il muro. Un fazzoletto umido che qualcuno ha incastrato lì. Lo guardo. Tiro l’acqua, prendo un pezzo di carta igienica che uso a mo’ di guanto e estraggo quel reperto rimasto li chissà da quanto. Puzza.
Lo avvolgo nella carta e lo porto sul lavandino. Prendo lo spazzolino di Alice, lo giro e lo uso come attrezzo per fare leva e aprire il fazzoletto. Si apre.
Dentro, una poltiglia verde mezza masticata.
Broccoli.

Avanti
Avanti

Revisited