Le cinque.

Ti aspetto a casa per le cinque, mi hai detto “arrivo puntuale”, ci prenderemo un caffè, parleremo.
Intanto pulisco casa, tolgo le ciliegie appassite dal frigo, pulisco le finestre, poi mi siedo sul divano, mi specchio nella televisione spenta e quasi non mi riconosco.
Sono lo stesso di ieri.
Quello che credeva veri i punti esclamativi e l’entusiasmo enorme, che credeva veri tanti baci, che una poesia potesse svegliare la gente, vero il solo pensiero dell’amore che dà senza chiedere e tutto risolve.
Ma ieri è ieri e tu tra poco sarai qui, oggi è tutto diverso.
Si è girata la luna e non ricordo nemmeno quando ho circumnavigato me stesso, quand’è che sono passato da quest’altra parte. Oggi è tutto diverso.
Oggi credo ad un gesto ben fatto, alla vita nel supermercato al reparto confetture, alle mani stanche che hanno da dire, tento di restare aggrappato all’erba, al formaggio, alla strada e non cerco più una trama.
So che più tardi mi chiederai di noi, so che arriverai con gli occhi gonfi di spiegazioni.
Ma la risposta non sarà una pagina strappata da un romanzo, non dirà di un lampo, di corse a perdifiato e risate, non sarà una poesia. Racconterà di un panino mangiato al volo, di dubbi e rimpianti, pomeriggi che non vogliono risolversi, parole uscite male, ma sarà anche piena di tanta voglia e generosità, pasta buona per alimentare il futuro.
Mi alzo dal divano. Sento il campanello suonare, apro.
Tu sei lì.
E penso che in mezzo a tutta questa difficoltà, in mezzo a tutti sti proclami, questi titoli roboanti, in mezzo a tutta questa falsità, penso, tu sei la cosa più vera che c’è.

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